
(eravamo rimasti...) Ruotiamo lo sguardo verso oriente e, alle nostre spalle, ammiriamo un imponente corpo di fabbrica. È il Palazzo comitale, il cui grande muraglione di tramontana si staglia austero sulla Piazza d'Armi. Il paramento è innestato direttamente sulla roccia e ci mostra un'accortezza nella sua realizzazione, con una certa cura nei relativi piani di lavoro per la messa in opera del pietrame. Esso, un tempo, era provvisto di merlatura al vertice, di cui, una, quella situata nell'angolo ponente, è ancora superstite, ed è munita di una sottile feritoia avente funzioni di difesa e di offesa per il soldato che vi era appostato. Impazienti di visitare dall'interno il Palazzo fortezza ci immettiamo per un ingresso secondario che, in origine, collegava la residenza del Signore, con la zona della Piazza e degli edifizi metallurgici.
A colpo d'occhio capiamo subito di trovarci al cospetto di una ulteriore fortificazione: una sorta di castello nel castello, un corpo autonomo rispetto a tutta l'area castellana, capace di autodifendersi in caso di penetrazione nemica, di resistere agli assedi e di provvedere al fabbisogno giornaliero per la sopravvivenza degli assediati. Torreggia alto, innanzi a noi, un fabbricato dalla forma trapezoidale, con orientamento tramontana-ostro, le cui finestre affacciano, su quella che negli anni della sua gloria era la corte interna. Siamo in presenza, dunque, della vera e propria pertinenza nobiliare, ove un tempo si attuava la gestione del territorio. In loco, il feudatario, organizzava l'economia, la giustizia e la difesa delle sue terre, ed è qui che si stipulavano gli atti pubblici, a differenza dei secoli precedenti ancora (Alto Medioevo), ove i rogiti, venivano rogati nella gloriosa pieve di Santa Maria, nel centro di Rota ( anche l'amministrazione del gastaldato Rotese avveniva a Rota; ivi sorgevano le strutture preposte).
Ogni tempo muta l'esigenza e coll'avvento del Basso Medioevo, questa mutò in modo da rendere ottimale la gestione economica e militare territoriale. Così Rota, come altre località, si ritrovò a fare i conti col tramonto della signoria fondiaria e l'affermarsi di quella bannale. Inoltre, i nuovi conquistatori Normanni, tennero a battesimo la loro nata creatura (il Castello), edificandola in un punto nevralgico del sistema viario (la collina del Parco) e attribuendogli il nome di un loro Santo venerato (S. Severino), poi estesosi definitivamente al borgo sottostante (1172), da cui, successivamente ancora ( XV secolo), assunsero il cognome di famiglia (Sanseverino), e giammai viceversa, come in passato erroneamente qualche storico sosteneva… (continua)
Appunti di Storia Sanseverinese, "Il Castello di Mercato S. Severino"

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un intervento del
Dott. Michele Cerrato.
Presidente dell'Archeoclub Troisio de Rota - Mercato S. Severino.
La lingua usata nella stesura della seguente descrizione è stata intenzionalmente voluta dall'autore.

