Ruggero II di San Severino (1237 - 1285)

Ruggero II di San Severino (1237 - 1285)

04092016 castello

Premessa. L’assedio in cui persero la vita Tommaso I e suo figlio Guglielmo II si svolse presso il castello di Sala Consilina, venuto in loro possesso con l’acquisto della Contea di Marsico. Questo castello capitolò prima di quello di Capaccio, dove vi erano asserragliati gli altri congiurati. I nobili, per ordine di Federico II di Svevia, furono tutti trucidati e mutilati; alcuni storici coevi sostengono che, ancora vivi, vennero rinchiusi in sacchi di cuoio insieme a una scimmia, un serpente e un gallo – nemici naturali tra loro – e poi gettati nel mare di Paestum.



La fuga. Donatiello di Stasio da Matera, loro servitore, narrò che, durante la rotta di Casa Sanseverino allo Chiano di Canosa, Aimario de Sanseverino cercò di salvarsi e fuggì verso Bisceglie, nella speranza di trovare un’imbarcazione per uscire dal Regno. In tale occasione si ricordò di Ruggero, allora un bambino di circa nove anni, e si rivolse a Donatiello dicendo:

> «A me bastano questi due compagni; va, Donatiello, e sforzati di salvare quel fanciullo

Donatiello, così, si mise in viaggio a scapizzacollo giungendo a Venosa, dove parlò con il castellano. In quel luogo riuscì a ottenere il ragazzo insieme a quaranta Augustali e a un piccolo quantitativo di altra moneta, uscendo dalla porta falsa senza che i compagni lo sapessero. Subito cambiò i vestiti al fanciullo e, con un cavallo da vettura carico di un sacco di mandorle, prese una via larga per non essere riconosciuto.

Dopo cinque giorni giunsero alla Valle Beneventana, a Gesualdo, presso Messer Dolfo de Gesualdo, zio carnale del fanciullo. Quest’ultimo, vedendolo, disse a Donatiello:

> «Vatte con Dio: subito levamillo dalla casa, non voglio compromettere le mie proprietà per Casa Sanseverino

Donatiello lo condusse a Celano, dove risiedeva la contessa Maria Polissena, sorella di Messer Aimario da Sanseverino. Il viaggio procedeva con moderazione per non stancare il ragazzo; di notte, lo poneva sul cavallo. Alla taverna di Morconente, l’arciprete di Benevento si accorse della presenza del fanciullo. Il ragazzo, pur vestito in stracci, mostrava grazia e comportamento gentile, che impressionarono positivamente l’arciprete. Donatiello, confidando tutto quanto, ottenne la protezione dell’arciprete, che lo aiutò a raggiungere la contessa Polissena a Celano.

La contessa, comprendendo l’importanza del giovane, lo inviò con quattordici cavalli a Lione, presso la corte papale, dove il bambino ricevette protezione e il sostentamento necessario. Il papa mostrò grande pietà per il ragazzo e ordinò che Donatiello ricevesse mille fiorini all’anno per la sua custodia.

Le speranze. A Lione, Ruggero crebbe e venne educato alla corte pontificia, divenendo capo dei fuoriusciti del Regno, in attesa del momento propizio per il ritorno nei suoi feudi.

La famiglia.  Ruggero II sposò Teodora d’Aquino, figlia di Landolfo e sorella minore dell’Aquinate. Ella condivise con il Sanseverino gli anni dell’esilio a Lione, poiché anche la sua famiglia aveva partecipato alla congiura contro l’imperatore. Dall’unione nacque un figlio, Tommaso (II), così chiamato in memoria del nonno paterno, sventurata vittima di quella che la storiografia ricorda come la Congiura di Capaccio.
Da due documenti risalenti agli anni Settanta del XIII secolo si è ipotizzata l’esistenza di un secondo figlio, Guglielmo (II), il cui nome richiamerebbe quello dello sfortunato fratello di Ruggero, che aveva sposato Maria d’Aquino, sorella maggiore di Teodora, anch’egli caduto tra i congiurati. Alla luce del nome “Guglielmo” e della presenza dei due documenti, si ritiene necessario proseguire nell’indagine archivistica al fine di accertarne la veridicità storica.

Lo scontro. Le speranze si concretizzarono quando Ruggero aveva circa ventinove anni. Dopo un breve rientro nel Regno (1254), bisognò aspettare la battaglia di Benevento, combattuta il 26 febbraio del 1266, che sancì in Italia la vittoria della teocrazia papale sulla politica ghibellina, guidata dalla dinastia sveva degli Hohenstaufen, e segnò l’ascesa della casa angioina nel Regno di Sicilia. Il conte Ruggero II di San Severino, già capitano dell’esercito pontificio, grazie al valore dimostrato in battaglia e alla fedeltà alla causa guelfa, poté finalmente rientrare dall’esilio insieme alla moglie Teodora, sorella di san Tommaso d’Aquino, riprendendo possesso dei principali feudi di famiglia, tra cui il castello di San Severino.

Dopo vent’anni dalla strage di Sala Consilina (1246), ordinata dall’imperatore Federico II e che aveva causato la morte di Tommaso I e Guglielmo II, il popolo poté salutare in lui la promettente ripresa della sua gente.

La restaurazione. In seguito alla vittoria angioina di Benevento, Ruggero II di San Severino (1266–1285) ricevette dal nuovo sovrano, Carlo I d’Angiò (1266–1285), la restituzione di tutti i feudi già appartenuti alla sua famiglia. Tra questi figuravano la Baronia del Cilento, Diano, Sala Consilina e varie terre nel tenimento di Aversa, probabilmente le stesse possedute dal suo avo Ruggero I (1081–1125) o dal capostipite Troisio de Rota (1066–1081), secondo l’usanza dei primi Normanni di acquisire proprietà nella Contea di Aversa.

Come ricompensa aggiuntiva per la fedeltà alla causa guelfa, egli ottenne ulteriori possedimenti, che tuttavia furono confiscati nel 1269 per non averne dichiarato il valore alla Camera Regia.

Senatore dei Romani (1271 - 1272)
La mancata dichiarazione fiscale non ebbe ripercussioni sulla sua reputazione. Infatti, due anni dopo, fu investito della carica di Vicarius Urbis – «nobile Ruggero di Sanseverino, Vicario dell’Urbe» – per conto di re Carlo, ufficio esercitato per circa un anno (ottobre 1271 – settembre 1272), come attestano i Registri della Cancelleria Angioina.

Lo storico Ferdinand Gregorovius descrive con vividezza il prestigio della carica:

> «I vicari di Carlo, alla quale dignità egli elesse i suoi migliori cavalieri e consiglieri, comparivano in Campidoglio con tutta la pompa della podestà senatoria, vestiti principescamente di abiti scarlatti foderati di pelliccia. Ricevevano uno stipendio di un’oncia d’oro al giorno, tenendo al seguito un cameriere, un maresciallo con quaranta cavalieri, otto giudici capitolini, dodici notai, araldi, uscieri, trombettieri, un medico, un cappellano, da trenta a cinquanta vigili delle torri, un guardiano del leone custodito in Campidoglio, e numerosi altri ufficiali».

Viceré di Gerusalemme (1277 - 1282)
La gloria sembrava dunque ancora arridere a Ruggero, che rimase tra i più stimati collaboratori di re Carlo. Nel 1277 il sovrano lo designò Vicario del Regno di Gerusalemme – titolo ormai nominale, riferito alla sola città di Acri (oggi San Giovanni d’Acri) –, incarico che lui mantenne fino al suo rientro in patria, nell’ottobre 1282, a seguito dello scoppio della rivolta dei Vespri siciliani (marzo 1282).
Dei suoi servigi in veste di Vicario di Gerusalemme si hanno diverse notizie. Un documento del 3 agosto 1278, redatto da Lagopesole, testimonia che Carlo I scrisse a Giovanni Signiolfo e ad Angelo Sannella, portolani di Puglia e d’Abruzzo, informandoli che, su suo ordine, Simone di Belvedere, viceammiraglio del Regno dal fiume Tronto a Crotone, aveva fatto riparare nel porto di Brindisi la nave Santa Maria dei Templari. Essa era destinata a trasportare fino ad Acri, per Ruggero di Sanseverino, conte di Marsico e vicario generale nel Regno di Gerusalemme, trentacinque cavalli e un carico di biscotti e di altre vettovaglie. Ancora. Un altro dispaccio di re Carlo intimava al Sanseverino di inviare quattro galee per ricevere onorevolmente Margherita di Beaumont, Nicola de Saint-Homer che egli mandava in veste di messaggero al re d’Armenia, e le sorelle del principe di Antiochia.

La morte (1285).
Ruggero II morì a Marsico sul finire del 1285. Il figlio Tommaso II (1285–1324), non potendo rispettare le volontà paterne di sepoltura nel monastero di Montevergine (AV), a causa dell’instabilità politica, dispose che le spoglie fossero tumulate nella città capoluogo della Contea, Marsico, in un mausoleo marmoreo eretto nella cappella dedicata all’Annunziata. Dopo circa tre secoli e mezzo, il sepolcro fu traslato all’interno della chiesa, dove rimase fino a quel fatidico mercoledì, del 23 agosto 1809, quando un micidiale incendio devastò l’edificio e la tomba del conte, sulla quale si leggeva:

> ANNO DOMINI MCCLXXXV
OBIT MAGNIFICUS VIR DOMINUS ROGERIUS DE SANCTO SEVERINO COMES MARSICI


Nella foto: La battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266, miniatura della Nuova Cronica di Giovanni Villani (1280-1348).

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un intervento del
Dott. Michele Cerrato.
Appunti di Storia Sanseverinese, 2025.