A solo titolo informativo per il lettore, prima di scendere nel dettaglio della nostra argomentazione, ricordiamo che la prima documentazione in cui viene descritta una cerimonia di investitura vassallatica risale all'anno 757. Si tratta dell'accomodamento a vassallo e di vari giuramenti ([...] in vasatico se commendans per manus. Sacramenta juravit multa et innumerabili [...]) fatti dal duca di Baviera, Tassilone III, a Pipino il Breve, re dei Franchi, e ai suoi figli Carlo (futuro Magno) e Carlomanno ([...] regi Pipino et supradictis filiis ejus domno Carlo et Carlomanno [...]).
Detto ciò, vediamo che le fasi della cerimonia seguivano un rituale ben preciso - che divenne l'essenza stessa della società feudale -, i cui passaggi ci vengono raccontati dallo storico francese, Robert Boutruche, nella prefazione di un suo importante studio in materia:
<< Ogni anno, dal IX al XVI secolo, migliaia di volte nella maggior parte dell'Occidente si ripeteva questo rito. Davanti a testimoni riuniti in una sala grande di un castello o di una residenza ecclesiastica, si fronteggiavano due personaggi: uno chiamato a obbedire, l'altro a comandare. Il primo, a testa nuda e disarmato, mette le sue mani giunte tra quelle del secondo, si dichiara suo uomo, suo vassallo e qualche volta scambia con lui un bacio sulla bocca (usanza quest'ultima diffusasi a partire dal X secolo). Poi giura " toccando con la mano destra" una reliquia o un vangelo, di rimanergli fedele. A sua volta il signore promette di essere buono e leale. Di solito la cerimonia è chiusa da un ultimo atto che ne rappresenta la ragione di essere: il subordinato ottiene l'investitura del feudo>>.
Quanto suddetto, dunque, è quello che accadde anche, nell'anno 1109, all'interno di una delle sale del castello di Montoro, ove si ritrovarono Roberto I, figlio di Ruggero I di San Severino, e Guglielmo Carbone, figlio del fu Riccardo del castello di Monteforte.
Il primo, Roberto, chiamato a <<comandare>> , mentre il secondo, Guglielmo, chiamato a <<obbedire>>.
Nell'anno 1109, il giorno 20 del mese di gennaio, III Indizione.
Dentro il castello di Montoro, nei confini Rotense, alla presenza del signore e genitore mio signore (domino) Ruggero, figlio del fu signore Turgisii di Rota, nella Curia di detto castello di Montoro (castelli muntori), alla presenza di alcuni onesti cavalieri del castello di San Severino (militum de castello sancti Severini) e del castello di Lauro (castello lauri) e anche davanti a giudici e altri onesti uomini del castello di Montoro che ivi stavano, Guglielmo Carbone, figlio del fu Riccardo signore del castello di Monteforte (de castro montis fortis), di sua spontanea volontà, e per ordine e volontà e anche col permesso del suddetto signore Ruggero, genitore mio, per fede sua che affidò nelle mie mani è diventato uomo a me ligio (hominem meum ligium), di puro cuore e pura volontà, senza inganno e cattiva intenzione, a me Roberto, figlio dell'anzidetto signore mio signore (domino) Ruggero di San Severino. E in persona lo stesso predetto Guglielmo Carbone giurò, con la sua destra sui Santi Vangeli, a me già detto Roberto, figlio dell'anzidetto signore Ruggero di San Severino, e ai miei eredi, di puro cuore e pura volontà , senza inganno e cattiva intenzione [...]
La terra che oggi abbiamo e che in futuro noi e i nostri eredi avremo, e massimamente il sopradetto castello di Montoro con tutte le sue pertinenze ci aiuterete a tenere e difendere, senza frode o cattiva volontà, contro tutti gli uomini e donne che volessero toglierli a noi e ai nostri eredi o invaderli [...] E tutte le cose predette in persona, come sopra è stato detto, con la sua destra giurò sui Santi Vangeli di Dio, senza frode e cattiva intenzione, a me predetto Roberto e ai miei eredi di osservare e adempiere come e nel modo sopra si legge. E così lo aiuti Dio Padre e Figlio e lo Spirito Santo e quei Santi Vangeli di Dio, sopra i quali giurò, giurando secondo legge con la sua destra. Pertanto io predetto Roberto, figlio del sopraddetto signore mio Ruggero, signore del castello di San Severino, per mia spontanea volontà e ordine dell'anzidetto signore Ruggero, genitore mio, ho investito e confermato a te predetto Guglielmo Carbone, nonché ai tuoi eredi, mediante un anello d'oro, per intero, tutto quello che il suddetto signore Ruggero, genitore mio, aveva donato ai tuoi predecessori, vale a dire il castello di Forino (castro forinum), con tutte le sue pertinenze, e tutto quello che tenete tra il castello di Montoro, e nelle sue pertinenze, e nelle pertinenze di San Severino. E anche tutto quello che avete nello stesso luogo nel casale di "balani", che è delle pertinenze del predetto castello di Lauro [...] E gli eredi vostri, dopo la vostra morte, entro il termine di otto giorni allorché saranno chiamati da noi o dai nostri eredi (affinché) giurino e mantengano a noi e ai nostri eredi tutte le cose che tu hai giurato [...] Ruggero, genitore mio, fece rafforzare la Curia con alcuni onesti uomini della sua terra. Di San Severino, questi furono, Petrone di San Severino, figlio di fu Rainone, i fratelli Roberto, Erberto e Ugo detti Caputasinum, Guglielmo figlio di Ohelle, Ugo de Silla, Caragdodum, Gizzelmu Caputasinum, Roberto de Sessa, Pietro Cazza, Guglielmo de Sarno, Landolfo Buttillerius. Del castello di Montoro erano presenti i giudici e altri onesti uomini, vale a dire il giudice Alferio, il giudice Pietro, il giudice Giovanni [...]
Nella foto: Castello longobardo di Montoro (sec. IX). Foto presa dal web

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un intervento del
Dott. Michele Cerrato.
Appunti di Storia Sanseverinese, 2024.

