L'istruzione sul territorio di Mercato S.Severino
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#7 Appunti di storia sanseverinese |
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(eravamo rimasti...) Allontanandoci dalla zona palaziale, oltrepassiamo il grande fossato difensivo e ci dirigiamo verso il secondo luogo di culto del complesso castellano. È la chiesa plebana, i cui documenti la identificano col nome di S. Nicola de Castro. Essa sorge ad ostro della collina, nella spianata detta di S. Nicola -nome usato dai sanseverinesi fino agli anni Venti del secolo scorso, quando nel lunedì di Pasqua, la spianata, era meta di gitanti- e fu costruita addossata alla prima cinta difensiva, sulla quale un tempo, verosimilmente, correva una merlatura piana ormai perduta. Ritengo che l'accesso dalla seconda cinta a questo versante della prima, avveniva attraverso un ingresso occultato dalle mura difensive, le quali, furono costruite in maniera sfalsate, com'è il caso anche dall'ingresso situato fra le due semitorri normanne della seconda cortina. La chiesa di S. Nicola, misura all'incirca 15 metri di lunghezza e 5 di larghezza e conserva ancora i resti delle volte a vela che costituivano la sua copertura. L'abside è locato verso levante ed esibisce due fori per l'illuminazione naturale della stanza. In direzione opposta si apre l'ingresso, fuori dal quale, vi è un pilastro a base quadrata, costruito fuori asse rispetto all'entrata. Qualcuno ha ipotizzato che potrebbe essere l'ultimo testimone di quello che, probabilmente, in un glorioso passato, era un atrio esterno, munito di copertura. Nell'anno 1409 risulta rettore della chiesa, l'abate Viscardo da Salerno.
Spostandoci adesso nella parte occidentale del castello, troviamo i resti di un ulteriore ambiente absidato. La parete mediana è composta da archi a sesto acuto che formano un belvedere con affaccio diretto sulla valle sanseverinese. La parete di tramontana è completamente inesistente, possibile che anch'essa era composta da archi acuti.
L'interno palesa un'aula unica che misura ca. 17 metri di lunghezza e 5 di larghezza, con l'ingresso situato sul lato di levante. Dalla costituzione architettonica, l'impianto è ascrivibile all'epoca angioina, precisamente negli anni del conte Tommaso III (1324-1358), che ospitò una piccola comunità di frati francescani in attesa che venissero terminati i lavori del convento e della chiesa di S. Antonio edificata nel borgo sottostante e da lui fortemente voluta (1358). Della cappella, esiste un prezioso disegno di Boudier, pubblicato nel Voyage dans l'ançien Royaume de Naples di È. Bertaux, 1898.
Seconda cinta
Discendendo lungo il versante di levante, raggiungiamo una quota collinare più bassa rispetto alla suddetta cappella e ci imbattiamo in una cortina muraria che corre da levante a ponente, provvista ancora di merlatura piana. La cinta è rafforzata da due torrette a pianta quadrata, poste a difesa di un ingresso al secondo settore e sulle quali, un tempo, a loro volta, si ergeva una merlatura di tipo "guelfa". Esse si articolano su due livelli, di cui quello inferiore è occupato dalla cisterna, mentre quello superiore ad uso esclusivamente difensivo; inoltre, possiedono feritoie per la difesa radente e sono sprovviste di scarpa difensiva. Evidenti sono i rimaneggiamenti militari imposti dall'introduzione delle armi da fuoco (aperture circolari), avvenuti in epoca posteriore alla loro costruzione.
(Dei possibili anni d'introduzione nel Castello delle prime armi da fuoco e dell'esponente dei Sanseverino che per primo ne introdusse l'uso, parlerò in maniera dettagliata nella prima parte della mia nuova pubblicazione, che allo stato attuale, è in fase di ultimazione).
Proseguendo nell'area della seconda cinta, camminiamo lungo il sentiero occidentale della collina, che risulta essere solo difeso da una lunga cortina, senza significativi sistemi difensivi, giacché fu edificato su un ripido vallone di impossibile accesso. Arrestiamo la corsa alle spalle di una terza torre a pianta quadrata, collocata nell'estrema parte ostro-levante e innalzata a difesa di un ingresso gotico. Sulla cortina che mena da essa e nella quale s'apre il varco ogivale, sono evidenti i resti di merlatura piana. L'ingresso, allo stato attuale, risulta parzialmente chiuso, probabilmente durante uno dei tanti lavori di fortificazione che interessarono il maniero nella seconda metà del secolo XV. La sua posizione è rialzata rispetto al piano campagna esterno e la chiusura avveniva a ribalta.
Riprendendo ad osservare la torre, vediamo che lo schema proposto è sempre quello dei due livelli: cisterna sottostante, con piano difensivo superiore e che, all'epoca della sua funzionalità, terminava al vertice con una merlatura piana, ormai completamente distrutta. Ritroviamo, anche in questo caso, feritoie unite alle aperture circolari per l'alloggiamento delle armi da fuoco, queste ultime, realizzate in epoca successiva alla sua fondazione e l'assenza della scarpa difensiva.
Prima di immetterci in quello che era il borgo castellano, dobbiamo aggiungere che l'attuale piano calpestio di questo versante -come l'altezza interna della cortina che ospita l'ingresso arcuato-, non è quello originario. Questa quota campagna infatti, è il risultato degli accumuli di terreno formatosi nel corso dei secoli di abbandono del sito e trasportati dalle piogge, che defluendo giù, lungo la ripida collina, sono giunte sino a questa quota collinare, che occupa un'altezza più bassa, bloccando la loro corsa nelle mura della seconda cinta difensiva… (continua)
Riceviamo e pubblichiamo volentieri un intervento del
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