storia

S. Eustachio si caratterizza per le sue abitazioni a corte e per la via S. Felice, in cui troviamo portali splendidamente scolpiti. Il paese è così chiamato in onore del santo che vi è venerato. Nel 1082 compariva anche una chiesa in onore di S. Felice, di cui oggi non restano che dei ruderi. Nel XVI sec. era molto praticata l’arte di intagliare il legno e di lavorazione della lana. L’arte della tessitura si accostava a quella della falegnameria, al trasporto delle merci e alla sartoria. Non è da sottovalutare il lavoro di notai locali, che davano valore legale a qualsiasi atto civile, politico ed economico. Il casale di Sant’Eustachio, cui era aggregato l’abitato di San Felice, si trovava nella parte bassa della piana irrigua, ad 83 metri s.l.m. Era attraversato dalla via delle Camerelle che collegandolo con Nocera e con Napoli, lo poneva al centro di una rete di scambi e di pecorsi obbligati.

Sant’Eustachio e San Felice presentavano una struttura compatta e una forma omogenea in quanto il tessuto urbanistico era costituito da tante cellule formate da corti chiuse che si susseguivano lungo l’asse principale. Dal catasto onciario si rileva che nella seconda meta del Settecento i 521 abitanti vivevano in 101 case aggiungendo una media di 5 persone per abitazione.

Nel 1817 anno di crisi e di epidemie la consistenza demografica subì una contrazione –  462 persone – mentre quella abitativa registro un sia più lieve incremento: sono censite 117 case, e l’indice di affollamento di attesta sulla media di 4 persone per ogni abitazione.  Il 61% del patrimonio edilizio era formato da case medie, 29% da quelle povere, 3 soltanto erano i tuguri e anche 3 le case signorili. Queste ultime censite nella seconda classe erano tutte ubicate nell’abitato di Sant’Eustachio. Una, composta da 7 stanze a pianterreno e 6 al primo piano, apparteneva al benestante Michele Cioffi; un’altra, con identico numero di vani, alla vedova Apollonia Angrisani. La terza abitazione signorile, una “casa palazziata” formata da 4 sottani e 6 soprani con cortile, giardino e cappella gentilizia, apparteneva al benestante Matteo Figliolia. Si faceva notare per il decoro architettonico la casa di un notaio di Castel San Giorgio, Giuseppe Napolitano; era costituita da 6 vani sottani, da 9 soprani, e da 1 giardino. Dalla fonte catastale Settecentesca, si rileva che le abitazioni dei tre notai e del “Maestro d’atti” erano tutte ubicate a San Felice ed appartenevano alle importanti famiglie dei Figliolia e dei Siniscalco. La “casa palazziata con giardino murato e cantina” del notaio Vincenzo Siniscalco era censita nella quinta classe del catasto ottocentesco. Sant’Eustachio e San Felice erano centri non esclusivamente agricoli, con un buon livello di sviluppo delle attività artigiane e commerciali. Caratteristica del casale, cosi come per Piazza del Galdo e Acquarola, era da tempo immemorabile la lavorazione dei panni di lana. L’analisi catastale rivela infatti che nel 1755 a Sant’Eustachio e a San Felice il 45,13% della popolazione attiva era composto da lavoratori occupati nell’industria laniera: cardatori, varcatori di panni artisti dell’arte della lana, tessitori e sartori. Una percentuale, dunque, più alta di quella riscontrata a Piazza del Galdo (26%). Il centro urbano di Sant’Eustachio si articolava in diverse località, quali Casa Cioffi, Casa Prisco, vico Sellitto, Li Rufoli e Cravarri; quello di San Felice nelle aree che gravitavano intorno a Casa Figliolia, Casa Correale e casa Costabile. Da Sant’Eustachio si dipartivano la strada Santa Maria a Favore, che lo collegava al villaggio di Piro, e quella di Sant’Aniello che conduceva a Piazza del Galdo in alternativa alla trafficata via delle Camerelle. La rotabile Dei Monaci collegava il casale San Felice mentre via Peschiera conduceva alla località agraria omonima. Nel centro abitato di Sant’Eustachio sorgeva la Chiesa parrocchiale mentre a San Felice, oltre alla Chiesa principale dedicata al santo patrono, della quale oggi restano solo alcuni ruderi, vi era la Congregazione di Santa Maria Delle Grazie